GEORGE FLOYD:

Dax, un noto rapper canadese, durante la canzone "Dear God" chiede riferendosi al Signore: "why is there pain?". Una domanda che troppo spesso mi faccio e a cui non riesco proprio a darmi una risposta. Qualche giorno fa ho finalmente capito che il dolore non è sempre fisico, anzi...talvolta fa più male quello emotivo. Lo stesso che ho sentito io provando empatia per George Floyd, un 46enne afroamericano che qualche giorno fa è morto dopo essere stato soffocato per ben 5 minuti dal ginocchio di un poliziotto, non serve manco dirlo di "pelle chiara" e sostenitore accanito di Donald Trump. "I can't breathe!", la frase che ha urlato durante la sua agonia, è diventata il grido di battaglia di tutte le persone di colore americane che oggi giorno combattono per avere gli stessi diritti e sicurezze dei bianchi, in una nazione reputata dal mondo intero la "terra della libertà" ma che con la  libertà e i diritti non ha mai saputo conviverci. A fianco a Derek Chauvin, l'ufficiale che ha commesso l'azione, c'erano altri 3 agenti che hanno assistito alla scena senza muovere un dito quando l'uomo dilaniato pregava aiuto e pietà, Ma tralasciando l'argomento razzismo, motore del gesto, (argomento magari futuro) e se sia veramente morto di soffocamento o quest'ultimo sia stato solo un caso (dubito fortemente), quello che mi preoccupa soprattutto è l'impassibile emotività di certe persone di fronte ad un'evidente sofferenza altrui e la freddezza espressa dai loro volti quando a fianco a loro c'era una persona dilaniata dal dolore. Fortunatamente la morte di George Floyd non è passata inosservata di fronte agli occhi della gente che ora esige una pena ben più pesante del semplice licenziamento, iniziale provvedimento della corte. Augurandomi che il fatti per la famiglia colpita sia in futuro alleviato dalla sentenza finale, e che questi avvenimenti non accadano mai più, concludo ringraziandoti dell'attenzione se sei giunto/a a questo punto.


Commenti

Post più popolari