METALLICA - MASTER OF PUPPETS - RECENSIONE
MASTER OF PUPPETS
Se facessimo un calcolo, quante opere d’arte in questo pianeta si possono considerare perfette? 12? 50? Ma va’, 100 e non se ne parla più. Probabilmente non finiremo mai di contarle, ma una cosa è certa, Master of Puppets fa parte di questa categoria.
I Metallica pubblicarono nel 1986 il loro più grande lavoro riconosciuto da tutti. Fu quasi una sorpresa perché non si poteva, all’epoca, pensare di superare Ride the Lightning, il disco precedente. Sarebbe stato come migliorare la perfezione. Si pensava che fosse impossibile. E invece no. Master of Puppets si può considerare l’evoluzione del disco precedente. Infatti, James Hetfield ha una voce meno acida e sguaiata ma più adulta e potente, le composizioni sono più lunghe e anche i temi trattati (le lyrics) sono più maturi. Si parla di guerra, di manicomi, di dipendenze da droga e ovviamente della società.
La formazione è sempre la stessa: James Hetfield alla voce e alla chitarra ritmica, Kirk Hammett alla chitarra solista, Lars Ulrich alla batteria, Cliff Burton al basso e, alla produzione (all’avanguardia per l’epoca), sempre Flemming Rasmussen. Quattro strumentisti dotatissimi possono solo partorire un disco bellissimo.
E quindi, vado in camera, accendo lo stereo, metto su il CD e inizia il viaggio. Sarà lunga…
Le prime note che si sentono sono quelle di una chitarra classica che nasconde una rabbia malcelata provocando una sensazione di disagio. Ècosì che comincia Battery, traccia mastodontica, violentissima e in perfetto stile thrash metal. Un album del genere non potrebbe iniziare meglio di così. Ma i capolavori sono altri; Battery è solo l’inizio. Il Viaggio continua con la canzone più bella, iconica, mastodontica, affascinante e perfetta del disco: la Titletrack. Il riff di quell’opera d’arte è famosissimo, chiunque ascolti rock lo avrà ascoltato da qualche parte. La canzone parla della dipendenza da droga che è, appunto, il maestro burattinaio che controlla i tossici come se fossero i suoi burattini.
Master of puppets I'm pulling your strings
Twisting your mind and smashing your dreams
Blinded by me, you can't see a thing
Just call my name, 'cause I'll hear you scream
Master, Master
Just call my name, 'cause I'll hear you scream
Master, Master
Se anche in Ride the Lightning i Metallica dimostrarono di nutrire un certo interesse per i racconti di Lovecraft, pubblicando la strumentale The Call of Ktulu, anche qui in MOP hanno continuato ad ispirarsi a quel mondo. Fu così che nacque l’idea di The Thing That Should Not Be, una canzone lenta ma non leggera, che spezza la velocità espressa dalle due tracce precedenti. Si tratta di una traccia bellissima, un vero capolavoro, ma se proprio dovessi scegliere quale scartare tra le prime tre forse sceglierei questa; ma parliamo di gusti personali. Il Viaggio continua con Welcome Home (Sanitarium), una delle (tante) vette del disco. Parla dei pazienti di un manicomio maltrattati dagli infermieri. Ormai il ritornello, bellissimo, è più famoso di Donald Trump. Insieme a Fade to Black (Ride the Lightning) e One (del successivo …And Justice for All) fa parte delle prime pseudo-ballate dei Metallica che partono lente con chitarra acustica e terminano in puro stile metal.
E qui si conclude il primo lato. Già così si potrebbe gridare al capolavoro!
La quinta traccia del disco, forse la meno apprezzata e anche la più sottovalutata del lotto, è Disponsable Heroes. Io vado contro corrente, poiché penso che la canzone sia tra le più belle del disco. Forse è la traccia più estrema dell’album. Il testo parla di soldati che, considerati come carne da macello, vengono mandati in guerra a morire.
Back to the front
You will do what I say, when I say
Back to the front
You will die when I say, you must die
Back to the front
You coward
You servant
You blind man
Leper Messiah è la sesta traccia che ci apre un lato più melodico (fino adesso). La canzone è bellissima e l’assolo è degno di nota. Anche se a pensarci bene tutti gli assoli del disco sono degni di nota! Il Viaggio continua con Orion, la strumentale di 8 minuti e 28 secondi che ha fatto emozionare tutti coloro che hanno ascoltato questo disco. Credo che questa sia la canzone più bella del secondo lato di MOP. Prima ho parlato di assoli; adesso posso confermare che quello di Orion è tra i più belli che Kirk abbia mai scritto. Damage, Incchiude il disco in perfetto stile Metallica ed è la degna evoluzione di Metal Militia di quel lontano e acerbo Kill ‘Em All.
Il Viaggio ha trovato la sua fine. 54 minuti e 45 secondi volati come uno stormo di uccelli. In effetti ci si rimane un po’ male dopo averlo finito perché vorresti che continuasse in eterno. Ahimè questa è la vita! La felicità ha una durata, sennò non la si può più chiamare felicità.
La capacità compositiva di questo disco non verrà mai più raggiunta dai Four Horseman. Vuoi perché è impossibile replicare un lavoro del genere o vuoi per la morte imminente del bassista Cliff Burton, il quale, a causa di un incidente stradale è rimasto schiacciato dall’autobus. Dopo questa tragedia ci saranno tanti cambiamenti nella storia dei Metallica di cui, però, non ne parlerò.
100/100
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