Good Girls Revolt

 La serie tv "Good Girls Revolt" è uscita nel 2016 e successivamente è stata aggiunta ad Amazon Prime, dove è possibile vederla senza ulteriori costi se si possiede già l’abbonamento. Il racconto è ambientato tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60 e parla della storia di un gruppo di ragazze che lavorano come ricercatrici al “News of the Week”, un giornale newyorkese. Il loro impiego è quello di scoprire e ricercare le informazioni per i reporter, gli scrittori del giornale. 

Tutto è tranquillo finché non si rendono conto che l’impiego del reporter è relegato solo ed esclusivamente a uomini e che alle donne è vietato scrivere. Spesso, però, capita che le ricercatrici siano più istruite e più talentose dei reporter e in particolare capita che scrivano articoli che i giornalisti aggiungono nei loro pezzi senza nemmeno ringraziarle. Infine la goccia che farà traboccare la loro rivolta sarà la scoperta dei salari maschili, di gran lunga maggiori rispetto ai loro.

Giunte a conoscenza dei fatti si riuniscono in segreto e complottano per ottenere i diritti che gli spettano. A complicare la sfida ci saranno vari drammi amorosi e familiari. Ma nonostante ciò riusciranno le ricercatrici a cancellare le ingiustizie e a ottenere i loro diritti?

La serie tv è ben realizzata e credo che sia molto avvincente. Riesce a far comprendere come fosse difficile per le donne riuscire a rivendicare i propri diritti e contrastare le ingiustizie di genere. La storia della serie in se è inventata come lo è anche la testata del giornale ma racconta di un movimento vero, un  passo che le donne hanno compiuto per rivendicare ciò che gli spettava. Unica pecca che si può trovare è il fatto che non ci sia stato un seguito, una seconda stagione. Il finale c’è ma è aperto, non si sa cosa sia potuto succedere in seguito, bisogna affidarsi alla propria fantasia. Consiglierei la serie”Good Girls Revolt” a tutti coloro che volessero comprendere come le donne abbiano cercato di abbattere le discriminazioni di genere all’interno di un contesto giornalistico e non solo.

Silvia S.



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