Se questo è un uomo - parte 1
Al campo non sono più considerati come delle parsone, ma come dei numeri, vengono privati di tutto. Le condizioni sono insostenibili. I vestiti sono sempre gli stessi, le scarpe hanno la suola in legno e il materiale con cui sono fatte fa venire nei piedi delle piaghe, che si infettano portando poi alla morte. È importante portarsi sempre dietro la propria roba e mai lasciarla incustodita, neanche mentre si lavano i denti o dormono: da un momento all’altro potrebbe sparire. Tutte le sere si fanno la doccia, ma è inutile al fine della pulizia perché l’acqua è torbida: serve invece come strumento per la sopravvivenza morale. Per restare vivi, per non morire, bisogna avere dignità. Questo è ciò che gli spiega Steinlauf.
Questo racconto ha costanti riferimenti e analogie con l’Inferno di Dante. Possiamo innanzitutto considerare il Lager come l’Inferno stesso e il viaggio verso Auschwitz come il viaggio che Dante intraprendere all’interno di esso. Se consideriamo il treno come la barca che attraversa l’Acheronte, possiamo considerare il soldato che sorveglia i prigionieri come lo stesso Caronte. Sulla porta dell’Inferno troviamo una scritta e anche su quella del campo ‘Arbeit macht frei’ (tradotta: ‘il lavoro rende liberi’). Un’altra analogia possiamo trovarla nel secondo capito, che si intitola Sul fondo. Viene facile pensare che quando Levi dice di trovarsi sul fondo si riferisce all’inferno, proprio perché esso è una voragine a forma di imbuto sotto Gerusalemme che conduce al centro della terra dove c’è Lucifero. Possiamo poi dire che le pene dei prigionieri ricordano le pene dei dannati e che il rumore che Dante sente all’ingresso dell’inferno ricordi il costante rumore del Block 30. Infine possiamo considerare il Ka-Be come il limbo, dove la pena inflitta è la meno dolorosa.
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