Se questo è un uomo - parte 2
Primo Levi nel raccontare
l’esperienza vissuta nel campo, che lui stesso considera una “gigantesca
esperienza biologica e sociale”, spiega che tra i deportati si era venuta a
creare un’organizzazione, sempre attiva, una sorta di Borsa, dove avvenivano
scambi di ogni genere. Sottolinea come gli uomini e lui stesso, spinti dalla
fame, avevano bisogno di scambiare della merce per sopravvivere. I baratti
avvenivano soprattutto nel Ka-be, l’infermeria, dove era più facile non essere
visti dalle guardie.
Ogni situazione poteva
influire sugli scambi. Tra questi c’era il cambio della biancheria, dove i
deportati erano soggetti a cambiare il loro vestiario sporco con una “pulito”.
Inoltre tra la merce che solitamente veniva barattata vi era la Mahorca, un
tipo di tabacco di scarto.
Ciò che più mi ha colpito è vedere come la "fame" portava a fare di tutto. Credo che noi, con la fortuna che abbiamo, non possiamo capire ciò che i deportati erano costretti a subire, ma mi stupisce come il nostro modo di pensare, quando siamo soggetti a situazioni del genere, cambi così drasticamente.
É difficile percepire cosa provavano, ma come invita a fare Primo Levi, possiamo riflettere sul significato delle parole “bene” e “male”, “giusto e “ingiusto”. Oggi quando sentiamo la parola "giusto" pensiamo ad azioni corrette e dunque tra esse non consideriamo, per esempio il furto. Se, però, riflettiamo su ciò che dovevano subire i deportati all'interno dei campi, la nostra prospettiva cambia e ciò che probabilmente non doveva essere giusto, al fine di sopravvivere lo era, mentre era ingiusto tutto il resto. Per quanto riguarda la parola "bene", invece, è difficile trovare dei collegamenti: non si riesce a trovare un aspetto positivo in ciò che doveva essere sopportato.
In conclusione si può
notare come le circostanze della vita possono cambiare la nostra morale e la
nostra concezione di giustizia, portando lo scaturire del vero istinto di
sopravvivenza dell’uomo.
Ambra F.
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