Se questo è un uomo-parte 3

Francesco F.

 Verso metà gennaio Levi si ammalò di scarlattina e perciò si fece ricoverare in ka-be. Nel frattempo la minaccia russa si faceva sempre più opprimente così i prigionieri, tranne i malati, lasciarono il campo insieme ai soldati tedeschi. Levi quindi rimase nel campo e nei seguenti 10 giorni fu uno di coloro che si applicò maggiormente per la raccolta di cibo e viveri. Insieme ad Arthur e a Charles, i 3 riuscirono a provvedere patate e coperte per la propria stanza e in uno dei primi giorni avvenne un atto di umanità, mai raccontato prima da Levi durante il suo periodo in lager: gli altri prigionieri offrirono un pezzo di pane a Levi e ai suoi 2 compagni come premio per il grande lavoro svolto. 

Col passare delle giornate il pensiero che i russi stessero per invadere il campo si faceva più intenso, ma durante la narrazione lo scrittore sottolinea particolarmente che gli ebrei avevano talmente perso quello spirito di vita che possiede ogni essere umano, che ormai neanche più l’idea di lasciare quell’inferno li rallegrava. Questa caratteristica è resa ancor più evidente dal fatto che ognuno era circondato da malati gravi e, quando qualcuno moriva, la gente se ne disinteressava e restava nel proprio letto, come se non fosse successo nulla. 

Un altro aspetto raccontato da Levi in queste ultime pagine è il rapporto fra ebrei e tedeschi: lo scrittore afferma con decisione che i tedeschi avevano raggiunto il loro obbiettivo di sterminare gli ebrei e che anche nei sopravvissuti non esisteva più niente di umano nella loro anima. A mio parere ciò è evidente nel finale, dove Levi racconta della liberazione con la stessa apatia tipica di questo libro: mi ha colpito tanto questo aspetto perché pensare che neanche un evento così importante abbia scosso i loro animi permette di capire appieno il discorso fatto dallo scrittore nelle righe precedenti.

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