Se questo è un uomo - parte 3

Ambra F.

La giornata della memoria viene celebrata il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto, ma spesso non si sa nemmeno cosa c’è di importante da ricordare e perché bisogna farlo. Beh, tutto è da ricordare perché come recita una frase oggi posta al di fuori di Auschwitz “Chi non ricorda la storia è condannato a riviverla”. Attraverso il ricordo della storia di Primo Levi ripercorriamo le esperienze vissute l’ultimo inverno all'interno del campo, fino al giorno della cosiddetta liberazione. 

L’11 Gennaio del 1945 Levi si ammalò di scarlattina e finì per la seconda volta nel Ka-be, l’infermeria. Proprio a causa di questo lui non poté partire per la marcia, non poté uscire quel 18 gennaio, non era un “sano”; ma forse fu proprio grazie a questo che riuscì a sopravvivere.  

Da quel giorno la sua baracca fu costretta a tentare in tutti i modi di salvarsi. Erano in undici, tutti malati, le forze erano poche, la mente era altrove ma sapevano che dovevano resistere. Così si divisero i lavori: i più "sani", Levi, Charles e Arthur, cercarono dei viveri, una fonte di calore e tentarono di resistere. Aiutavano i loro compagni e cercavano di non ammalarsi. Fecero il possibile, purtroppo però, persero un compagno.


La cosa che più fa riflettere è come il fatto che ormai, anche se erano ancora dentro il campo, si potessero ritenere liberi, e questo faceva viaggiare le loro menti. Come racconta Levi, infatti, era bellissimo mettersi vicino alla stufa a fare due chiacchere sul passato, sul futuro, ma mai sul presente, come dei vecchi amici.


Nello sfondo, dietro questi sforzi, si sentivano boati, colpi di arma da fuoco, il pavimento tremare, ma a dare speranza era quella voce che ormai girava da tempo: "I russi stavano arrivando, erano a pochi chilometri". Quel 27 Gennaio arrivò, come un fiume in piena a portare gioia. Non fu per tutti un momento di liberazione, alcuni poco tempo dopo morirono, ma sicuramente fu un momento di rinascita.

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