Se questo è uomo p.3

Pedrielli Stella

Nella parte finale del libro "Se questo è uomo" di Primo Levi, viene raccontato l'ultimo inverno che egli trascorse nel Lager. Levi descrive quanto le condizioni di vita divennero sempre più dolorose e difficili da sostenere. I prigionieri erano costretti a lavorare all'aperto con miseri vestiti, leggeri e consumati, e scarpe non adatte a stare nell'acqua e nel fango.

In quel periodo ci furono anche delle selezioni per il forno crematoio che scatenarono paura in tutti i deportati; essi dovevano spogliarsi completamente per fare una corsa davanti a un funzionario che decideva la sorte di ogni prigioniero in base alle sue condizioni fisiche. 

Dopo aver lavorato per lungo tempo all'aperto, soffrendo il freddo e la fatica, Levi venne assunto a lavorare nel laboratorio di chimica situato all'interno del campo, in quanto tempo prima aveva sostenuto e superato un esame per tale lavoro. Questo per lui significava trascorrere le sue giornate al caldo. All'interno del laboratorio lavoravano anche parecchie donne libere, provenienti dal mondo esterno, che conversavano liberamente raccontando la loro vita fuori dal Lager. Levi davanti a queste signore di aspetto florido e in salute, si sentiva in imbarazzo a causa delle sue condizioni fisiche, arrivando perfino a provare disprezzo verso se stesso.

Successivamente l'autore racconta che durante quell'inverno dovette con i suoi compagni partecipare a un'esecuzione, a scopo dimostrativo, di un prigioniero, che aveva iniziato una rivolta di ribellione all'interno dei Lager. Prima di morire il deportato gridò "Compagni, io sono l'ultimo!" evidenziando il suo attaccamento alla vita e la volontà di non piegarsi a quella "non vita" del Lager. Dopo l'impiccagione tutti i deportati che avevano assistito a questo evento vennero travolti da un grande dolore e, persero completamente la piccola fiamma di speranza che avevano nel cuore.

L'ultimo capitolo racconta della marcia della morte, dove i nazisti sottoponevano i prigionieri di quel campo a marcie forzate su lunghe distanze che avvenivano sotto stretta sorveglianza e in condizioni estremamente dure; durante queste marce i prigionieri venivano maltrattati con brutalità e uccisi in gran numero. Avvicinandosi la fine della guerra e l'approssimarsi delle truppe sovietiche i nazisti abbandonarono in fretta e furia il campo e, Levi che aveva contratto la scarlattina fu obbligato a rimanere in infermeria con altri deportati. Egli trascorse gli ultimi 10 giorni sopravvivendo a bombardamenti e altri tragici avvenimenti, e riuscì ad acquistare la libertà quando arrivarono i russi il 27 gennaio 1945.

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